domenica 15 agosto 2010

La rutilante tavolozza dei naif italiani.

di Ida Ricci Curbastro.

Un giorno del 1957 Carmelina Alberino, casalinga caprese di 67 anni, prese in mano per la prima volta pennelli e colori. Li aveva regalati al figlio perchè si distraesse durante una malattia e poi, per non vederli sciupare, provò ad usarli lei stessa. Dipinse su una tavoletta di legno il "palazzo rosso" di Marina Grande a Capri. Lo stesso palazzo che per anni molti pittori avevano ritratto, attentamente osservati da una bimba curiosa, silenziosa e attentissima a ogni minimo particolare.
 "Cavalletto, pennelli, tubetti di colore erano per me vera poesia" dice Carmelina. "Lo erano da sempre. Quando mai avrei pensato di poterli un giorno usare anch'io!" Il primo quadro di Carmelina, dipinto a memoria con uno stile ingenuo molto personale, tra il reale e il fantastico, venne notato per caso e acquistato da una principessa della famiglia Borghese che si trovava a villeggiare nell'isola. Da allora, Carmelina ha continuato a dipingere così come aveva cominciato, a pennellate  rapide e senza pentimenti, visioni e scorci della sua isola, sempre colti dall'alto in ampie panoramiche e in una festosa mescolanza di realtà e fantasia. Se una casa le sembra brutta, per esempio, non la mette nel quadro, se una piscina le sembra una stonatura la sostituisce con un faraglione... E questa sua istintività le ha guadagnato il favore del pubblico, tanto che dopo tante personali Carmelina è molto amata come pittrice naif.
Il termine naif, preso dalla lingua francese, si applica in pittura e in scultura a un'arte che è spontanea, istintiva, priva di codici formali, spesso grezza e dialettale nello schema espositivo, eppure visionaria e penetrante, poeticamente intensa e carica di phatos.
Gli artisti naif non hanno ricevuto insegnamento artistico, a volte non sono neanche andati a scuola e cominciano a dipingere non nella giovinezza ma nella seconda e nella terza età. A differenza della maggior parte degli artisti contemporanei non trasfigurano deliberatamente ciò che percepiscono. La loro arte è impregnata di semplicità, naturalezza e candore ed essi spesso creano visioni di quiete e letizia, viste con l'occhio stupito dell'infanzia, scene idilliache e paesaggi bucolici che non sempre hanno  un rapporto evidente con la realtà. In effetti si tratta spesso di paesaggi della memoria, ricordati e raffigurati affettuosamente e con abbondanza di particolari proprio perchè non esistono più.
Dietro il grande successo dell'arte naif, in Italia e all'estero, c'è forse la facilità di comprensione da parte del grande pubblico, che si sentiva invece emarginato dall'arte astratta, per gustare la quale bisogna avere una cultura specifica.
Pittori semplici dunque, i naif, popolari, facilmente comprensibili, ma non per questo meno grandi. Ne è la prova Antonio Ligabue, l'artista di Gualtieri che in vita era noto soprattutto come il matto che dipingeva tigri e leoni, lotte tra animali e drammatici autoritratti, e dopo la morte venne considerato il simbolo della pittura naif italiana. Fu anche con il successo tardivo della sua opera che scoppiò il "boom" di questa forma d'arte, che ha in sè anche uno splendido messaggio per tutti: come Carmelina di Capri, ognuno di noi, in fondo, potrebbe prendere tela e pennelli e provarci.

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